ISABELLA MECARELLI – “VIAGGIO IN EGITTO – Il laboratorio dei profumi – (capitolo 27) – vedi galleria fotografica

Quando abbiamo lasciato l’isola costeggiandola, il sole ormai alto splendeva sui monumenti facendoli apparire nella loro veste più seducente. La navigazione intorno a Philae ha un che di magico; allontanarsi dalle sue coste ha il sapore di un ritorno al presente, è l’interruzione di un incantesimo che ti ha catapultato in un passato misterioso.

Ma tutta la zona intorno è come avvolta da un alone sacro. Non solo l’Aga Khan fu attratto da questa terra, tanto da decidere di riposarvi per l’eternità. Assuan è la città dei cimiteri: essendo un luogo di villeggiatura ospitò anche dopo la morte un gran numero di persone non residenti.

In questa regione meridionale il defunto, ha spiegato Yasser, viene avvolto in un lenzuolo e dopo essere stato trasportato in una bara prestata dalla moschea, è deposto direttamente nella terra. Le donne mostrano il lutto vestendosi di nero per 40 giorni. Mentre nel nord del paese il lutto dura solo tre giorni, il morto viene collocato in una bara e sepolto in una fossa. Pur essendo un paese islamico, dunque, le abitudini si differenziano, testimoniando le peculiarità millenarie che da sempre hanno caratterizzato l’Alto e il Basso Egitto, le due metà del paese.

Quel giorno avrebbe offerto altre occasioni per conoscere gli aspetti della vita locale. La lavorazione degli olii essenziali è una vera e propria industria del posto. Il negozio del laboratorio di Assuan accoglie masse di turisti proponendo una quantità di profumi, di cui un imbonitore spiega con dovizia di particolari le caratteristiche, gli aromi, i componenti, non tralasciando cenni storici, perché si tratta di una produzione che affonda le radici nel passato millenario di questa terra.

Durante la presentazione dell’esperto mi sono tornati in mente i muri tappezzati di geroglifici con le ricette delle sostanze profumate che i sacerdoti di Edfu fecero incidere nella camera del tempio adibita a laboratorio. Al di là dell’aspetto commerciale, la visita al negozio moderno è stata interessante per scoprire come questa tradizione fosse rimasta in vita attraverso millenni con una cura così attenta che sembrava andare ben oltre l’interesse economico. Il problema era che l’acquisto di quei profumi, accattivanti per l’aroma e la storia, richiedeva un esborso notevole, per cui non abbiamo comprato alcunché.

L’uscita dal laboratorio ha comportato, come era prevedibile, l’ennesimo assalto degli ambulanti. Yasser continuava a proteggerci avvertendoli che avrebbe proposto l’acquisto delle loro merci al nostro gruppo, pertanto stava poi ai singoli decidere cosa fare. Con questa mossa cercava di tenerli a bada. Ma soprattutto, siccome nella pletora dei mercanti si intrufolavano sempre piccoli mendicanti, ci raccomandava, o meglio, ci intimava con severità, di non allungargli mance. Ci ha riferito un detto egiziano molto azzeccato: “mendicante piccolo, fannullone grande”. L’elemosina ai bambini equivale a un disincentivo a frequentare la scuola per prepararsi a una vita lavorativa e per questo indipendente.Mi pare una saggia considerazione, di cui dovremmo prendere atto anche nella nostra società dove troppi sgomitano per farsi mantenere.

IL MUSEO NUBIANO

Dopo la parentesi commerciale, siamo passati a una visita museale. Assuan è l’anticamera della Nubia, il centro urbano più importante del meridione, e per questo è stata scelta per raccogliere testimonianze dell’antica civiltà nubiana. Il museo è sorto anche con l’intento di risarcire il grave danno provocato alle genti dell’area dalla costruzione della diga, un tentativo anche di lavarsi la coscienza.

La Nubia è stata una regione da sempre attrattiva per gli Egizi, che con varie spedizioni si assicurarono il dominio del suo territorio. Era ambita perché ricca d’oro: il nome stesso, NEBU, significa appunto “oro”. La sua estensione occupava una vastissima area che comprendeva la parte meridionale dell’Egitto di oggi e un’ampia fascia a nord dell’odierno Sudan.

Aveva prodotto millenni prima di Cristo una civiltà originale, con una sua precisa fisionomia, la cui ricchezza faceva gola ai faraoni. Questo spiega l’avvicendarsi di periodi di sottomissione politica al regno egizio, a fasi in cui la Nubia tornava indipendente.

La sua attrazione era dovuta non solo all’oro, ma anche al transito di merci preziose per l’Egitto, provenienti dall’Africa subsahariana, ovvero l’avorio e gli schiavi. Lungo il Nilo, che anche qui fu all’origine della civiltà, erano sorti diversi importanti centri urbani.

Nell’era contemporanea i Nubiani hanno subito un grave inconveniente. La diga di Assuan, costruita con l’intento di apportare enormi benefici all’Egitto, per loro fu una vera iattura perché dovettero liberare una vastissima zona che era proprio il cuore della loro nazione. Il Nilo avrebbe sommerso e distrutto, oltre ai monumenti dell’antica civiltà, anche interi villaggi.

Ma mentre le opere d’arte suscitarono scalpore e il mondo fece a gara per salvarle, per quanto riguarda i villaggi nubiani nessuno si interessò per garantire che le promesse del governo egiziano fossero mantenute. La zona dovette essere evacuata e gli abitanti, oltre 100.000 furono costretti a trasferirsi senza mai ricevere adeguati risarcimenti in denaro. Il governo di Nasser aveva predisposto per di più delle abitazioni che non trovarono adatte, per cui molti di loro si recarono altrove. I nuovi villaggi erano stati costruiti in varie località del sud, soprattutto nella zona di Kom Ombo, a una cinquantina di chilometri da Assuan, un posto lontano dai loro territori di origine.

Il Museo Nubiano che è stato inaugurato nel 1997, rappresenta una sorta di risarcimento per il trattamento riservato a questa gente che, pur facendo parte integrante dell’Egitto, mantiene un ruolo che lo fa somigliare più a una minoranza che a una componente ben integrata nello stato.

Occorre ricordare che il sacrificio di questo popolo comportò anche la perdita di monumenti, in quanto, anche se si attivò il salvataggio di Abu Simbel, Philae e altri edifici, diversi templi furono concessi come ricompensa ai paesi stranieri che avevano contribuito ai trasferimenti dei siti più importanti. Per fare qualche esempio, al Metropolitan di New York ho potuto ammirare, ricostruito fedelmente in una sala, il tempio di Dendur; al Museo egizio di Torino, il tempio di Ellesija.

Isabella Mecarelli, Viaggio in Egitto – capitolo 27 (continua)

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