Chi ci dice addio
sparisce dietro le montagne.
E a poco serve alzarci in piedi sul nostro cuore
per vederlo ancora…
(Franco Arminio)
Che fosse una di quelle vecchie locomotive
A ricordare quei giorni dell’addio
Racconta quanto amaro fosse stato quel lontano
commiato
E quanto quel giorno sia ancora scolpito
nell’anima come un segno della mia memoria
Raggiungemmo la stazione un gelido mattino di
novembre
Nebbia fitta come di consueto
Nell’autunno inoltrato della pianura
Ogni passo una immagine
Pareva che anche il fiume
La corrente e i suoi mulinelli
Il canto mattutino dei renaioli
Fossero venuti a salutarmi
Come ai tempi degli argini verdi e delle viole
C’erano anche tutte le immagini degli amici
Della gente a noi vicina
Poche parole
Lo stretto necessario
Solo raccomandazioni
Di quelle semplici
Che si fanno ai bambini
E quella valigia così pesante
Conteneva di tutto
Quel gigante di ferro sbuffava intanto
Immobile come un pachiderma in agguato
E noi sul marciapiedi a celebrare quel distacco
Che ho ancora intatto dentro
Insieme a quei sentimenti che si agitavano allora
Troppi stimoli per i pochi momenti prima del
fischio di partenza
Acuto
Tradizionale
Lo risento spesso
È diventato un compagno dei miei pensieri
Fedele
Mi riporta a quel gigante nero
A quella locomotiva
A quelle vecchie carrozze
A quei sedili di rovere lucido
Inconfondibili oggetti di mestizia
Di quel commiato mi torna spesso alla mente
l’abbraccio ai miei
Prolungato
Inconsueto
Sapevo che quel viaggio
Mi avrebbe allontanato per sempre dalla vita
In famiglia
Da allora sarei diventato
Una volta ogni tanto ospite di casa mia
Sapevo che quell’odore di panche lucide
Mi sarebbe diventato familiare
Insieme ai profili di gente nuova
A esperienze diverse
A immagini diverse
Intanto il convoglio si muoveva
Gracidando rompeva il silenzio che lasciavo
Sfumavano nella nebbia
Quelle braccia alzate
Quegli ultimi saluti
E quelle case che ben conoscevo a fianco della
ferrovia
Sparivano alla vista
Io chiudevo poi lentamente il finestrino
Per quell’aria fredda
E quel vapore
Umido
Insopportabile
Che mi sferzavano il volto
È il più vuoto e tuttavia il più pieno di tutti i
messaggi umani: “Addio”.
(Kurt Vonnegut)
Come sempre, caro Giorgio, leggendo le tue poesie io “vedo” quel che descrivi come se fosse davanti ai miei occhi. Mi ha commosso il dolore che traspare dalle tue parole. Mi sono ritrovata a comprendere davvero quanto un suono o un profumo, un odore, siano evocativi di ricordi. E da questi ricordi mi lascio cullare in questo quieto pomeriggio festivo.