Machiavelli è il fondatore della riflessione sull’esistenza terrena ed è l’intellettuale che acquista coscienza del mondo visto nella sua dimensione materiale, a prescindere da prospettive esistenziali trascendenti ed escatologiche.
In un’Italia che considera barbare tutte le altre nazioni, in virtù dell’orgoglio di essere il suolo sul quale si è affermato il mondo romano, vige una situazione di sgomento determinata dal rischio concreto che l’intera realtà geografica del nostro Paese venga conquistata dalle popolazioni straniere.
Machiavelli non manifesta un atteggiamento celebrativo nei confronti dell’Italia, ma di essa offre un’analisi onesta che pone l’accento sugli elementi negativi da screditare attivamente per rifondare quella grandezza politica del passato, adesso totalmente smarrita.
La macchia principale che altera la virtù della nostra stirpe è la corruzione, della quale Machiavelli ritiene responsabile soprattutto l’atteggiamento licenzioso e immorale della Chiesa. I costumi corrotti dell’istituzione ecclesiastica fanno nascere il bisogno di rifondare la credibilità del potere spirituale.
Ma il prestigio delle due istituzioni universali è in definitivo declino. Le rivalità tra i vari comuni italiani, d’altro canto, vengono sovrastate dalla coscienza su cui si fonda l’idea di edificare lo Stato, un’istituzione nuova e moderna, per la quale è necessaria la partecipazione diretta e pratica di tutti i cittadini.
L’uomo ideale vagheggiato da Machiavelli è un individuo che rifiuta l’atteggiamento passivo e contemplativo tipico del modello esistenziale suggerito dall’ascetismo medievale. Lo studioso propende per uno stile di vita attivo che non ottempera più ad atteggiamenti di meditazione ascetica e che rifiuta la speculazione astratta. In tutte le opere di Machiavelli aleggia questo spirito nuovo.
Convinto della necessità di non riconoscere valore concreto alla dimensione del soprannaturale, egli pone al centro della vita la Patria. Smentendo il ruolo centrale che nella tradizione hanno avuto Impero e Papato, egli afferma i termini entro i quali l’uomo deve agire per acquisire piena libertà.
Lo scopo dell’uomo sulla Terra si configura come quello di realizzare se stesso e di raggiungere la propria gloria personale. La missione umana nella vita terrena è quella di fondare e di difendere la propria Patria, dando così un senso pratico e, al contempo, nobile all’esistenza materiale.
È questa la condizione che permette di non subordinare più l’uomo ad alcuna forma di condizionamento esterno. La Patria diventa sinonimo di libertà, acquisibile e realizzabile da sé, non in virtù o per grazia di entità superiori.
La corruzione del Clero, tuttavia, rischia di ostacolare la prospettiva di nascita di una Patria unita e libera. Un’istituzione che perde credibilità e rispettabilità soprattutto agli occhi del popolo, dà come conseguenza diretta una degenerazione del sentimento religioso, che rischia di perdere il suo valore e il suo significato intrinseco nonché la sua originaria funzione di sano collante e fattore di armonizzazione della popolazione.
La religione rischia di trasformarsi, invece, in un semplice strumento politico nelle mani degli uomini di Stato attraverso cui gestire e condizionare il popolo, limitandone la vera libertà. La dimensione laica dello Stato è fondamentale affinché si liberi l’uomo dal giogo strumentalizzante del controllo morale e religioso, che, inteso in maniera siffatta, si configura come un ricatto nelle mani degli statisti.
Il Cristianesimo, male interpretato, induce l’uomo a patire più che a fare. L’atteggiamento rinunciatario rispetto all’azione, proprio del modello esistenziale proposto nei secoli precedenti, pone al centro dell’esistenza la contemplazione, in funzione di una prospettiva ascetica della vita su cui si impronta tutta la cultura del Medioevo.
La convinzione di Machiavelli è quella che si debba evitare questo atteggiamento contemplativo che rischia di allontanare gli uomini dall’obiettivo principale di realizzare, nella realtà, un concreto cambiamento. Riconquistata la libertà, la missione dell’uomo sarà quella di puntare alla grandezza e alla gloria della Patria.
Il carattere moderno e innovativo, che si riconosce al pensiero di Machiavelli, è identificabile proprio nella capacità di intendere l’uomo in quanto cittadino che opera con atteggiamento consapevole e indipendente, orientato al raggiungimento di uno scopo concreto.
È proprio questo il motivo per cui nel Medioevo sarebbe stata prematura, nelle coscienze degli individui, la maturazione del concetto di Patria. Gli uomini nascevano sudditi del Papa oppure dell’Imperatore, rappresentanti di Dio sulla Terra. La libertà era privilegio papale e imperiale e i comuni esistevano per grazia di Dio, e quindi del Papa o dell’Imperatore.
All’inizio del Cinquecento Machiavelli individua il pericolo di compromettere l’autorealizzazione dell’Italia in quanto Patria e Stato autonomo. Egli ritiene proprio che sia il potere temporale del Papa il primo fattore in tal senso responsabile. L’altra causa della debolezza dell’Italia nella difesa contro lo straniero è data dalla gestione sbagliata dell’attività militare, affidata perlopiù ai mercenari e agli avventurieri.
Il grande cinquecentista toscano combatte gli ultimi retaggi medievali ritenendo necessaria l’acquisizione di un sistema di governo che salvaguardi l’indipendenza e l’autonomia governativa. Lo sguardo attento rivolto nei confronti della realtà continentale convince Machiavelli che la struttura organizzativa dei comuni sia anch’essa destinata a crollare, così come le altre istituzioni medievali.
Affinché l’Italia segua anch’essa un percorso di conquista di autonomia e di indipendenza alla pari dei grandi Stati europei bisogna allargare le prospettive, sviluppando, anche concettualmente, un’idea di Patria in quanto realtà territoriale più ampia e militarmente più forte.
La proposta di Machiavelli è orientata alla costruzione di un grande Stato nazionale italiano, forte militarmente e politicamente unito, che si costituisca come invalicabile baluardo di difesa contro il pericolo straniero. La prospettiva di allargamento in chiave nazionale di una Patria autonoma e indipendente, viene per la prima volta esplicitata in ambito letterario proprio grazie a Machiavelli.
L’istanza da cui nasce il proposito di realizzare un’utopistica unificazione nazionale è quella del coronamento della prospettiva di un bene condiviso nella formazione di una società nuova. La dimensione collettiva, però, deve rappresentare, per Machiavelli, una sorta di “essere collettivo” in grado di assorbire l’individuo senza svilirlo. Il singolo si sussume nella società, all’interno della quale le prospettive dell’io assumono una portata ancora più ampia e trovano soddisfazione nel nuovo individuo collettivo che coincide con la Patria.
Se gli sforzi dell’uomo vengono convogliati nella direzione della creazione di uno Stato le cui premesse siano quelle di realizzare un bene collettivo in quanto potenziamento del bene dei singoli, la Patria si configurerà come una realtà in cui si conseguiranno in pieno le premesse da cui essa nasce. Se, invece, l’assorbimento del singolo nella dimensione dello Stato si realizzerà perseguendo l’interesse di uno solo o di pochi, il nuovo Stato si rivelerà piuttosto una servitù.
Il parere che Machiavelli nutre nei confronti della popolazione italiana nasce dal riconoscimento in essa della virtù della ragione, a cui non corrisponde un pari sviluppo del livello di educazione o della disciplina.
Egli cioè riconosce negli italiani le potenzialità richieste affinché essi si ergano a fautori del proprio destino in quanto dotati della capacità di approcciarsi al mondo attraverso gli strumenti della scienza. Negli uomini e nelle donne italiani le condizioni sono mature affinché essi giungano a una conoscenza del mondo colto nella sua realtà concreta e fattuale.
Ciò di cui difettano gli italiani è invece la capacità di perseguire costantemente i loro propositi, adottando un modello comportamentale che non difetti nella disciplina, ossia nel rispetto regolare e continuo, a tutto tondo, delle norme razionali necessarie a mantenere stabile e fortemente voluto il raggiungimento dell’obiettivo nella propria pratica esistenziale.
Così come la Storia tutta si basa su una consequenzialità logica che fa dipendere esiti e risultati da cause e premesse, la vita stessa deve costruirsi mantenendo, con chiarezza e precisione, lo scopo da raggiungere e la virtù dei mezzi impiegati con regolarità, attraverso i quali raggiungerlo.
Il Principe è l’opera in cui si enuncia l’applicazione logica di questa “scienza”. L’interesse e il coinvolgimento del Principe, cioè del capo dello Stato, dell’interprete primo delle istanze sulle quali si basa la Patria, devono coincidere esattamente con gli interessi dello Stato. Provvedendo al bene dello Stato, egli provvede al proprio stesso bene.
Questa perfetta coincidenza di prospettive è il risultato del possesso di una rigorosa serietà intellettuale, che guida l’uomo a un approccio asettico e razionale al mondo, non corrotto dalla fantasia né dal sovrannaturale.
Ciò a cui punta Machiavelli è proprio questa serietà di studio e di azioni, tale da riflettere, nell’individuo, un’integrità di intenti che si associ alla tempra necessaria affinché le alte idealità degli obiettivi non si trasformino in enunciazioni vuote e superficiali.
La superiorità dell’intelligenza della stirpe italica da sola non basta. È necessaria la concretizzazione di quelle idealità lungo un percorso di vita che fornisca, attraverso i mezzi e la forza morale, la giusta determinazione al raggiungimento di ogni proposito e di ogni obiettivo.