E così la Scuola serale di Francoforte è scesa in sciopero contro il governo Meloni. Capitanati da Roberto Saviano, martire virtuale da sempre, Antonio Scurati, martire venerato di una mezza, maldestra censura in tv, Sandro Veronesi e altri, il partito degli Intellettuali ha dichiarato guerra aperta al tremendo regime che prende a melonate i libri, sapendo di andare incontro a repressioni e torture di ogni genere: dalla pubblicità in mondovisione alla ristampa dei loro libri, alle turnée come madonne pellegrine sui palchi, alla vetrina permanente sui media per la loro “coraggiosa” presa di posizione. Vittime fortunate e presunte del regime meloniano, decorati al valor civile sul campo, medaglie d’oro senza aver subito un graffio dall’Ovra meloniana, marciano eroicamente per difendere la libertà e la democrazia in pericolo dal risorgente fascismo in versione donnista. Come si misura empiricamente una dittatura? E’ semplice: se la censura denunciata accresce anziché diminuire fama, vendite, esposizione, elogi e notorietà, e non genera danni di alcun tipo alla presunta vittima, allora non è censura, e non è un regime (al più, nel peggiore dei casi, può essere un accrocco di idioti).
La Scuola di Francoforte era un gruppo di filosofi e di sociologi che espresse una critica radicale al potere soprattutto capitalistico, gettando le basi per la Contestazione globale. Questa volta la versione è assai più modesta, le sue punte di diamante sono in prevalenza palloni gonfiati; perciò si tratta di una scuola serale. Ma i loro affiliati detengono una speciale immunità, anzi un diritto divino – come notavo ieri a chi mi chiedeva un giudizio – che nessuno può osare di mettere in discussione.
Il riferimento a Francoforte è dovuto al fatto che il pretesto dell’insurrezione intellettuale contro i carri armati immaginari dell’odiosa putina di Palazzo Chigi nasce dalla selezione degli scrittori italiani per la Buchmesse, la famosa Fiera del Libro francofortese, in cui è ospite d’onore l’Italia. Ci sono nella carica dei 101 invitati alla kermesse molti scrittori di sinistra-sinistra, nemici acerrimi con rimborso a pie’ di lista del Potere Vigente; e altri che non lo sono. Con l’esclusione, in verità voluta dagli stessi suoi editori che non lo avevano compreso nella rosa degli invitati, di Saviano, che magari andava compreso nel folto drappello non per la qualità e l’originalità dei suoi testi ma almeno per la notorietà e i successi editoriali passati.
Ma escluderlo, sia stato il commissario o i suoi stessi editori, è sembrata un’operazione di marketing del suo Ufficio Immagine e Propaganda, fatta apposta per ingigantire l’Ego narciso di lui, per risvegliare l’interesse scemato nei suoi confronti, per suscitare una nuova ondata di vittimismo presunto e presuntuoso e dare il pretesto per un’ulteriore sollevazione degli Intellettuali contro il Potere melonista. Col risultato finale di farlo invitare a Francoforte da editori stranieri, per giunta nel ruolo di Epurato.
Il precedente nostrano della sollevazione intellettuale ha quasi cento anni: è il manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Benedetto Croce. Ci sono però almeno tre differenze tra ieri e oggi: quello era davvero un regime autoritario; poi il primo firmatario era nientemeno che Croce (non un Saviano); infine, si opponeva a loro il manifesto degli intellettuali fascisti capeggiato da Giovanni Gentile e sottoscritto da firme di prima grandezza, perfino più illustri di quelli che si raccolsero intorno al manifesto crociano: D’Annunzio e Marinetti, Malaparte e Pirandello, Soffici e Volpe, Ungaretti e Spirito, e ne cito solo alcuni. Scusate se è poco.
Insomma, i paragoni non reggono, ma la storia, si sa, ama ripetersi nella forma della farsa, lo diceva pure Marx. E la storia si era già ripetuta in forma di farsa già più di vent’anni fa a Parigi, al tempo del governo Berlusconi.
Reputo apprezzabile il proposito espresso dal Commissario che ha selezionato la Nazionale scrittori per Francoforte, Mauro Mazza: vogliamo dare la parola a quegli scrittori che sono stati finora esclusi, emarginati dalla conventicola intellettuale dominante (la definizione è mia, non di Mazza).
A questo proposito vorrei dire a Emanuele Trevi che difendendo la presenza di Saviano a Francoforte, ha aggiunto che lo avrebbe fatto anche se avessero escluso me o altri autori di opposto versante. La sua osservazione gli fa onore, e lo ringrazio, ma quell’esclusione è già successa, non una volte ma cento, accade da anni, non solo a Francoforte, e nessuno protesta. Avviene in silenzio.
Personalmente credo che il più semplice e più realistico criterio di selezione degli scrittori dovrebbe essere qualitativo, non ideologico, e dovrebbe rispondere a tre requisiti principali: il valore degli scrittori e delle loro opere; la notorietà e dunque il successo delle loro opere; la pluralità di voci, in modo che rappresentino al meglio le differenze di cultura, opinione e sensibilità. Con un valore aggiunto se promuovono la cultura e l’amore per l’Italia. Sarebbe una scelta saggia e al tempo stesso rivoluzionaria rispetto ai criteri finora dominanti, basati invece sull’affiliazione ideologica, l’amichettismo e l’appartenenza a camorre letterarie. Criteri ancora vigenti nei premi, nei festival, nella composizione delle giurie letterarie, nelle accademie e nelle università. È già rivoluzionario che si metta da parte ogni egemonia culturale e si proceda in questo mix tra valore, notorietà e pluralismo.
Quanto poi alla materia del contendere, la posta in palio è di scarso valore: la Fiera del Libro non è la Consacrazione di niente e di nessuno; Francoforte come Torino. E’ solo una kermesse, una sfilata. La vita vera, la scrittura, il pensiero, la ricerca, sono altrove. L’oblio permanente verso alcuni autori, temi e sensibilità rischia davvero di cancellare ogni traccia di pensiero non conforme; che non è certo quello di chi gode da sempre di una grande vetrina mediatica, culturale, istituzionale senza meriti speciali; ma riguarda opere di qualità volutamente ignorate e che rischiano di passare per sempre inosservate. Non credo infatti che il tempo sia galantuomo e i posteri faranno giustizia: il tempo scorre e scorda, e i posteri, se si continua di questo passo, saranno privi di memoria storica e letteraria e di coscienza critica. L’aspetto più doloroso di questa vicenda, altrimenti grottesca, è che la finta censura, come la moneta falsa, scaccia quella vera. Questo fa male davvero, ma se lo dici, le Vittime Ufficiali per Partito Preso e Diritto Divino ti accusano di vittimismo.
La Verità – 31 maggio 2024