di Paolo Calia
“Il Gazzettino di Venezia” – Venerdì 24 maggio 2024
Due famiglie musulmane chiedono di esentare i loro figli dallo studio della Divina Commedia. E preside e professoressa le accontentano, sostituendo solo per loro il Sommo Poeta con il Boccaccio. Accade in una scuola media di Treviso, in una classe dell’ultimo anno. La docente, con vari anni di insegnamento alle spalle, si stava apprestando a spiegare opere e vita di Dante conducendo per mano i suoi alunni nei meandri della Divina Commedia, universalmente considerata la più grande opera mai scritta in lingua italiana, capolavoro di cui tutto il mondo gode e un po’ ci invidia. Prima di iniziare però ha invitato gli studenti che già non seguono le lezioni di religione cattolica, a chiedere ai loro genitori se desideravano che i propri figli intraprendessero lo studio della Divina Commedia e di altri testi della letteratura a sfondo religioso. Una prassi insolita, ma motivata: già in passato la docente, affrontando Dante in classe, ha avuto problemi nel gestire le rimostranze di famiglie di religione diversa da quella cattolica.
LA SORPRESA
Dopo qualche giorno sono arrivate le risposte. E due famiglie, musulmane, hanno colto la palla al balzo chiedendo che i loro ragazzi venissero esentati dallo studio della Divina Commedia, che non gli venisse spiegato nulla su Inferno, Purgatorio e Paradiso. La richiesta, sulle prime, avrebbe incontrato le resistenze del dirigente scolastico. Che poi, di fronte alle insistenze, ha ceduto. I due ragazzi quindi non studieranno Dante, verranno esentati da compiti in classe sull’argomento e dalle interrogazioni. In compenso approfondiranno, con lezioni parallele e relative verifiche, un altro gigante della letteratura come Boccaccio, che di Dante è stato anche il primo biografo con il celebre trattatello “In laude di Dante”. La decisione, a quanto pare, è stata accolta senza troppo
scossoni dal resto della classe che, invece, continuerà a seguire il programma regolare. Ma è destinata a far discutere un po’ tutti, sulla scia delle polemiche che periodicamente nascono nel periodo natalizio quando una scuola decide di evitare argomenti religiosi per le recite prima delle vacanze.
LO SCONTRO
Non è la prima volta che Dante entra in rotta di collisione con i fedeli musulmani e con l’Islam più in generale. Uno dei motivi è l’accusa di aver scritto un’opera che insulta la religione islamica. Il sommo poeta inserisce Mao metto nel 28esimo canto dell’Inferno, molto probabilmente perché influenzato da una leggenda medioevale diffusa dai crociati di ritorno dalla Terra Santa, che descriveva il profeta come un cattolico pentito, infuriato contro la propria religione fino al punto di fondarne un’altra. Un clamoroso falso, ma che all’epoca venne preso in considerazione. Il caso trevigiano comunque non è isolato. In Olanda e Belgio la Divina Commedia è stata ritradotta con contenuti mirati e calibrati proprio per non offendere i cittadini di fede musulmana. Ma non solo. In alcuni paesi islamici i versi dedicati a Maometto sono stati can-cellati oppure la stessa pubblicazione della Divina Commedia proibita. E c’è di più. Di recente l’organizzazione non governativa Gherush92, che si occupa di diritti umani, ha chiesto, sostenuta anche da alcuni membri del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, di arrivare a un gesto estremo: la cancellazione della “Divina Commedia” dai programmi scolastici proprio per quelle frasi che l’Islam continua a ritenere offensive. Ma il rapporto di Dante con la religione islamica è molto più complesso. Infatti se Maometto è colloca-to all’Inferno, nel limbo tra i saggi greci e latini si trova Saladino, sovrano islamico ritenuto giusto anche se sconfisse duramente gli eserciti crociati.
L’esonero, pare da loro non richiesto, di due studenti islamici dallo studio della Divina Commedia : autolesionismo di una scuola italiana, grossolano fraintendimento del principio di laicità, dubbia connessione con l’autonomia scolastica, vulnus ad un un patrimonio culturale di importanza mondiale, ignoranza o trascuratezza nei confronti di precedenti letterari simili di ambito non cristiano , sottovalutazione delle diffusione planetaria di traduzioni del poema dantesco , anche nel mondo arabo-islamico. Negazione di una identità e di un assetto Costituzionale del nostro paese riferito a principi di sovranità, democrazia, difesa di valori umani, etici e spirituali. Quella che viene oggi intesa come “sottomissione”, per giunta autoinflitta , non deve trovare posto nel paese e tanto meno nella scuola.
L’ennesimo episodio di autocensura a scuola. Pretesto già in usato: la religione, ma questa volta a farne le spese è stato il nostro sommo poeta. Mi aspettavo che prima o poi sarebbe accaduto, da quando anni fa fui per errore invitata a una conferenza tenuta da una docente di lettere di un liceo. In quell’occasione Dante e la Divina Commedia furono messi sotto processo per la visione religiosa e unanime fu la condanna. Solitaria la mia difesa che cercava inutilmente di riportare i presenti, tra cui diversi insegnanti, al buon senso e al contesto dell’epoca. Mi costò il saluto della docente che ovviamente non mi invitò più alle sue conferenze. Me ne feci una ragione finché non mi ritrovai casualmente con quella stessa docente a una conferenza su Darwin. Allora, alla mia domanda che chiedeva se il suo libro, indirizzato agli studenti di primaria e medie, presentava loro anche altre teorie diverse dall’evoluzionismo, fui repentinamente attaccata dalla co-autrice, anche lei docente, la quale, senza avermi mai vista né conosciuta, prese a darmi della terrapiattista no-vax. Ecco, perdonatemi il lungo preambolo, ma questo per farvi conoscere una tipologia di docenti piuttosto diffusa oggi nelle nostre scuole, nessuno dei quali però, anche se avrebbe voluto, aveva finora avuto l’ardire di fare quello che la iperscrupolosa professoressa dell’articolo è riuscita a portare a compimento, censurare la Divina Commedia e lo fa trovando un pretesto che ha fatto cedere anche il Dirigente: non urtare la sensibilità religiosa altrui . Questa è la scuola dell’inclusione, che si ‘sforza’ come in una ‘gihad’ ma, al contrario di questa, per includere cancella se stessa, abdica al proprio ruolo istituzionale di preservare e trasmettere la nostra cultura e ne calpesta volontariamente le radici religiose. “Ahi serva Italia”!
Certo che anche l’autore dell’articolo, di Dante e della sua Commedia sa ben poco. Ma è chiaro che Dante abbia collocato Maometto nell’inferno. E dove avrebbe dovuto metterlo se non lì? La scelta di Dante non è determinata da una presunta ignoranza del grande Trecentista. Maometto non è considerato un eretico dall’Alighieri. Figuriamoci! Dante non è certo tanto ingenuo da credere alle leggende o a stupide voci di corridoio di un ipotetico Maometto cristiano apostata. Dante condanna Maometto perché lo ritiene colpevole di aver seminato il male, di aver portato discordia tra gli uomini. Cosa che in effetti questi fu! Cioè un uomo votato non alla costruzione della vita ma alla sua distruzione. Per quanto riguarda poi ciò che sarebbe successo in questa scuola, se è vero quello che qui si dice, ritengo che si dovrebbero sottoporre a gravi provvedimenti disciplinari e professionali l’insegnante e il dirigente. Chi non intende studiare Dante, semplicemente non vada a scuola. Vergognosi defraudatori di se stessi!
La nostra cultura e le nostra civiltà poggiano le proprie fondamenta sul pensiero e sull’opera dei grandi che ci hanno preceduto e che hanno contribuito alla formazione della nostra civiltà e del nostro essere italiani. Se i genitori di questi ragazzi li hanno iscritti ad una scuola italiana, hanno implicitamente accettato che ai loro figli venga insegnata la cultura italiana.
Male ha fatto il dirigente ad accettare questa forma di ricatto ideologico, in nome di un falso senso di rispetto della diversità.
Non ci sono speranze… ci siamo condannati al suicidio!