Monfalcone, 29 Febbraio 2024 – Nelle due moschee di Monfalcone si può pregare, lo ha deciso il Consiglio di Stato. La sindaca della città aveva disposto i centri islamici ritenendo che fossero “abusivi”, ma nella serata di giovedì 29 febbraio è arrivata la decisione.
Le minacce di morte ad Anna Maria Cisnit
La sindaca leghista di Monfalcone, Anna Maria Cisint, ha ricevuto minacce di morte via social. Lo ha reso noto lei stessa mettendo in relazione queste con i provvedimenti amministrativi varati alcune settimane fa, che disponevano la chiusura di alcune moschee che, secondo la Cisint, erano abusive.
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Non un attacco alla libertà di culto, ha sempre sostenuto la sindaca ma il divieto di usare locali con destinazione diversa da quelle per le quali venivano utilizzati: lì «non si può più pregare, non sono centri di culto, non sono moschee». E si era appellata alla «civiltà e al rispetto dell’ordine pubblico e della legalità». Sono «finti centri culturali in cui si predica, ma noi non sappiamo che cosa».
Il Tar e il Consiglio di Stato: lì invece si può pregare
In serata, però, è arrivata la doccia fredda: dopo la decisione del Tar – cui si era appellata la comunità islamica – che aveva rifiutato di sospendere il provvedimento, il Consiglio di Stato – al quale la stessa comunità aveva presentato ricorso – ha accolto le istanze e ha stabilito che nei due centri culturali Darus Salaam e Baitus Salat di Monfalcone si può pregare. Una prima vittoria, importante soprattutto per l’imminente inizio del Ramadan.
La mobilitazione della comunità islamica
Ma tra le parti le frizioni sono cominciate molto tempo prima e quella della chiusura dei due centri è stata solo una delle ultime puntate. Proprio contro quei provvedimenti si è svolta una grande mobilitazione della comunità islamica locale, oltre ottomila persone, provenienti dal Nordest per un disciplinato corteo.
In città gli stranieri sono il 28,7% del totale, cifra che colloca Monfalcone al primo posto in Italia per incidenza della popolazione straniera tra i Comuni con almeno 15 mila abitanti. La maggioranza è rappresentata da musulmani e originari del Bangladesh, impiegati nella cantieristica navale.
Botta e risposta
Cisint stamani in conferenza stampa è tornata sulle minacce: «Se siamo giunti a questo punto lo si deve anche ad alcuni organi di informazione, e a persone fisiche, che hanno mistificato la verità, creando così un grave pregiudizio di sicurezza nei miei confronti e verso l’intera comunità», ha accusato.
Subito dopo è giunta la replica: il portavoce della comunità islamica, Bou Konate, ex assessore comunale, ha detto: «Dispiace tanto per queste minacce che non appartengono alla nostra cultura. Esprimiamo massima solidarietà, ma Cisint non cerchi colpevoli di questo clima esasperato: se siamo arrivati a queste azioni scellerate, che condanniamo nella maniera più assoluta, è soltanto per la tensione che, con le sue affermazioni e i suoi atti amministrativi, ha contribuito a creare. Monfalcone è l’unica città in Europa dove i musulmani non possono pregare».
Una scorta alla sindaca?
Cisint – per la quale Prefettura e Questura stanno valutando l’assegnazione di una scorta – non si è fatta intimorire da quanto accaduto nelle ultime ore: «Le mie denunce e gli atti conseguenti riguardano unicamente il rispetto delle misure di sicurezza e le norme urbanistiche – ha ricordato – nessuno ha mai parlato del divieto di preghiera e men che meno della sacrosanta libertà di culto. Abbiamo scoperchiato una pentola davvero grossa – ha concluso – anche per gli interessi economici che stanno sotto. Una pentola da cui esce una puzza terribile. Sappiano, però, tutti che nessuna minaccia potrà farci arretrare. Anche questa è una guerra».