Arriva copiosa
Ogni anno la neve d’argento con il mio genetliaco
Scendono adagio morbide
Pagliuzze svolazzanti di rugiada
Vortici di scintille celesti
A imbiancare la collina
E ammantare di silenzio
Nella chiara nebbia del cielo
Il disegno dei filari spogli
Qualche ramo incoronato di diamante
Intorno ai dossi dell’aratura
E i soffi della sottile brezza
Sul manto lucente della campagna
Ricorda
L’orologio del tempo
Quel tardo autunno
A fianco del grande fiume della pianura
Vicino alla pigra ansa ovattata
Evoca garruli
Insistenti vagiti
Messaggeri primordiali della vita
Suscita antichi
Clamori di una meraviglia annunciata
Sguardi ricolmi di speranza
Esordio divino del ripetersi di un mistero
Deboli costruzioni di pensieri vivaci
Segno solenne della vagabonda vaghezza dell’anima
Oggi osservo questi fiocchi leggeri
E ritorno a quella
Disinvolta
Giovane baldanza
Ai canti degli spalatori
A quegli inverni lontani nella memoria
E a quella gaiezza umile
Povero monile di semplici esistenze
Che riempiva l’aria
Rarefatta
Di quelle lunghe giornate