Gli italiani hanno ammirato la sua sensuale freschezza nel polpettone seriale in salsa Mediaset “I Cesaroni”. Le sue grazie mediterranee hanno fatto da contorno al travaglio di James Dean in un biopic internazionale a lui dedicato. E Woody Allen ha cucito su di lei la figura, poco stereotipata ma per il regista presumibilmente realistica, della donna italiana nella sua dicotomica figura di santa e cortigiana. Oggi, Alessandra Mastronardi appare nelle lodevoli vesti di ambasciatrice UNICEF, invitando a donare 9 euro al mese per garantire del cibo terapeutico a tanti bambini denutriti, salvando molte vite innocenti. I lunghi capelli corvini che, solitamente, incorniciano il suo volto, hanno lasciato il posto ad un velo azzurro e al suo fianco non posa una star di Hollywood o di Cinecittà, ma una donna il cui anonimato è reso ancora più evidente dalla tunica plumbea che le copre anche il viso, lasciando scoperti solo gli occhi. Testimoniare il proprio altruismo è un gesto lodevole. Meno lodevole è la sottomissione consapevole ad una condizione degradante della figura femminile conclamata ed attuata dalla cultura islamica. Il dramma dei femminicidi potrà essere risolto solo se si avrà il coraggio di affrancarsi da questa cultura retrograda, condannandola senza se e senza ma.