DAVIDE MARIA ROSARIO FICARRA: “Il pensiero “189” dei Ricordi di Guicciardini: il decadimento naturale delle organizzazioni statali, l’inconoscibilità dei principi regolatori della realtà e l’impegno morale dell’uomo”

Il pensiero numero 189 dei Ricordi di Francesco Guicciardini afferma che tutti i regni, le città, le organizzazioni statali e politiche del mondo sono destinati a decadere naturalmente, fino a morire. Sono la natura e il caso gli agenti incontrollabili che influenzano l’agire dell’uomo sulla Terra.  

Ogni cittadino che venga a trovarsi, in vita, in un’epoca che coincida con la morte della propria patria, non avrebbe motivo di dolersene. La decadenza della patria non sarebbe una disgrazia, in quanto essa è comunque destinata a concludere la sua esistenza, prima o poi.  

L’unico motivo per cui il cittadino avrebbe ragione di lamentarsi è di avere avuto la sventura di nascere e di vivere in un momento storicamente infelice.  

La concezione fortemente pessimistica dell’esistenza da cui trae origine la posizione di Guicciardini rimanda alla fonte biblica e si sviluppa lungo tutto il corso del Medioevo. Nei primi decenni del ‘500 lo scrittore fiorentino, però, la reinterpreta in riferimento specifico alle vicende della Storia nell’ottica di un’attualità in cui il rapporto tra individuo, popolo e patria appare sfaldarsi irrecuperabilmente.  

Di fronte all’ineluttabilità di un destino rispetto al quale l’uomo non ha alcun potere di modificare il corso degli eventi, la questione che si pone è quella di definire i termini entro cui inquadrare il rapporto tra virtù e fortuna. Il comportamento dell’uomo deve comunque fondarsi sul rispetto della virtù, al fine di correggere gli effetti negativi del sistema, per quanto possibile.  

La necessità di un impegno civile e morale, per Guicciardini, è confermata. Ma quandanche i propositi del singolo si improntino a una morale irreprensibile e a nobile virtù, il suo desiderio di gloria e di «cose grandi ed eccelse» non sarà grande al punto da indurlo a compromettere la propria incolumità e il proprio interesse specifico.  

Conosciuto il mondo ed appurata la sua condizione di luogo inospitale, è bene non rischiare troppo. L’uomo, se ha perduto ogni libertà, non deve cercare di riconquistarla. Il rischio di una compromissione degli interessi individuali alla ricerca di un bene collettivo più grande, non vale la pena di essere corso. Essendo il mondo fatto così, è anzi opportuno agire per acquisire, nella vita, una maggiore “comodità” possibile.  

Moderno, forse troppo, appare il pensiero di Guicciardini se messo in confronto con la prospettiva virtuosa, segnata da Machiavelli, di fondare una disciplina attiva e pratica in cui si sostanzi l’irreprensibile virtù dell’italianità cinquecentesca.  

Il pensiero di Guicciardini si focalizza sulla dimensione dell’individuo, riconosciuto come entità autonoma e irriducibile a una collettività dai legami oramai spezzati. La verifica concreta dello sfaldamento di ogni possibile vincolo religioso, morale o politico da identificare come principio costitutivo di una collettività, induce lo scrittore a sostenere il diritto alla salvaguardia del singolo e della sua autonomia a prescindere dagli altri.  

La proposta di un recupero della classicità romana, al centro della speculazione di Machiavelli, è ritenuta da Guicciardini un’illusione. È talmente circoscritta al presente l’ottica da cui Guicciardini guarda al mondo, al punto che egli non riconosce, nella Storia, alcun principio regolatore né alcuna linea di sviluppo che dia misura di regolarità o che suggerisca rapporti logici di continuità tra le varie epoche. Le condizioni dell’antica città di Roma non sono più quelle attuali e non sarà più possibile riproporle. Chi volesse governare l’Italia secondo l’esempio dell’antica Roma farebbe lo stesso errore di chi volesse “che un asino facesse il corso di un cavallo”.  

Il rifiuto di un’impostazione libresca della cultura, il valore dell’esperienza diretta come fondamento di ogni azione umana, danno la misura di un approccio speculativo orientato all’analisi e non alla sistemazione del reale.  

Il volume dei Ricordi di Guicciardini è, esso stesso, un’opera scompaginata rispetto alla forma tradizionale del libro e si presenta come un accumulo di pensieri che ripropone l’esperienza in quanto dimensione privilegiata dell’approccio ai contenuti della conoscenza.  

L’inconoscibilità dei principi regolatori sui quali si basa la realtà rischia di dare adito alla possibilità di inquadrare il pensiero di Guicciardini in un’ottica relativista. Di fatto, per lo scrittore fiorentino, sono le circostanze storiche colte nella loro variabilità situazionale nonché il caso a regolare gli eventi e la realtà. Guicciardini propone un ribaltamento dell’approccio gnoseologico e comportamentale al mondo e ne determina, viepiù, uno smembramento: non più dal generale al particolare, ma il particolare colto nella sua eterogeneità. All’interno di questa sommatoria di elementi che costituiscono il contenuto dell’esperienza, all’uomo, però, non sarebbe richiesto un semplice adattamento, una “resilienza”, rispetto alla casualità delle circostanze che gli capitano nella vita.  

L’individuo deve comunque agire con impegno, condannando vizi ed esaltando virtù, e deve continuare a dare sostanza alla propria vita attraverso il rispetto di valori civili e morali che sono comunque da rivendicare. Il suo approccio all’esistenza deve caratterizzarsi per una ricerca della verità in cui egli faccia peso solo sulle proprie forze senza rinunciare, però, a un percorso esistenziale in cui continui a salvaguardare la propria dignità umana e intellettuale.  

4 commenti su “DAVIDE MARIA ROSARIO FICARRA: “Il pensiero “189” dei Ricordi di Guicciardini: il decadimento naturale delle organizzazioni statali, l’inconoscibilità dei principi regolatori della realtà e l’impegno morale dell’uomo”

    1. Ci sarebbe da parlarne. Guicciardini, invero, denuncia una definitiva chiusura di ogni prospettiva di rifondazione della collettività. Sì, il suo approccio disilluso ce lo rende più vicino. Certo, la sua attenzione concentrata sulla dimensione del singolo intorno alla quale ricostruire l’umanità, ci dà un punto di partenza più facilmente leggibile e applicabile e forse meno ambizioso.
      Grazie mille, Simonetta!

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