Spesso rivedo nella notte
Immagini di marciapiedi vuoti
Luccichii paralleli
Il senso d’esilio del lungo viaggio di domani
Ti sembrava di toccare in cielo un frammento del
tuo vagabondo futuro
Spazi inesplorati
Incerti
Infiniti confini
Lontani brandelli di vita
Nella scarna geometria di binari
Assetati di ignote frenesie
Novità incerte del destino
Senza il presidio delle radici
Nell’attesa di convogli sbuffanti
Gigantesche inesorabili figure
Nella gelida nebbia del sogno
Avrei voluto come allora
Mischiarmi alla folla immobile degli emigranti
A quelle povere valigie della speranza
Con il soffio diffuso di quegli odori che ti
accompagnavano
Fino dentro casa
E ti rimanevano addosso per giorni
Insieme a quella incessante cantilena d’acciaio
dietro il vetro opaco delle carrozze
Mai più ho risentito quei fraterni rumori di
ferraglie
Pareva si fossero trasformati in un coro
E più di questo forse in un lamento
Diventati amici della notte
Con Il fischio lontano di locomotive
Colorate di caligine
Quei lamenti consueti
Così familiari
Mai più lunghi sguardi di desiderio
Cenni velati di sorriso
Teneri
Sconosciuti
Commiati improvvisi
Che ti prendevano adagio il cuore
E soffocavano la mente
Lasciandoti solo
Nel buio della notte
A combattere figure minacciose
Fantasmi di inerti emozioni
Rimpianti
Che ti volavano incontro
Come corvi impazziti
Con l’aspro
Ingrato
Malinconico sapore dell’addio
LA POESIA DI GIORGIO BONGIORNO: “Il treno”
2 commenti su “LA POESIA DI GIORGIO BONGIORNO: “Il treno””
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si cara Paola,
Pare quasi che ci manchi, oggi, quello sbuffare quasi romantico e il fischio della locomotiva di quel treno che è diventato la metafora della nostra vita. Pare che alla crescita tecnologica che ha permesso al treno di raggiungere velocità incredibili maggiori di 300 Km/ora non sia seguita una crescita adeguata dei valori che già quelle locomotive permettevano di raggiungere. Triste realtà di chi si preoccupa delle patologie del corpo mirando alle sue esigenze e trascura ampiamente quelle dello spirito. Lo chiamano divario tecnologico e non si accorgono che proprio questo divario rappresenterà la pandemia del nuovo millennio. Quando probabilmente quelle velocità non ci daranno il gusto di riabbracciare i nostri cari ma riusciranno a mala pena a ricordarci da quale provetta con quale pin saremo costretti a scoprire le nostre strampalate origini…
Il treno: un fantastico mezzo di trasporto!
A me hai fatto rivenire in mente il tempo delle cuccette, dei viaggi notturni, scomodi e avventurosi da Lucerna a Roma. “Dove siamo, già a Firenze?” ci si chiedeva a vicenda nell’angusto scompartimento pregustando pero’ il momento in cui avremmo riabbracciato i nostri cari. “